Una storia da raccontare…
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO | 22 Luglio 2009
“…Essere odiati fa odiare…” diceva Pier Paolo Pasolini in una famosa poesia: Valle Giulia. Nella mia infanzia spesso mi ritrovavo a nascondere il luogo da dove provenivo per paura di essere emarginato. Altre volte invece mi faceva gioco, laddove potevo vantarmi di venire da una zona così pericolosa che solo a nominarla incuteva timore e quindi rispetto: Scampia. L’odio e il disprezzo lo respiravo, lo palpavo con le mani, sentivo una profonda rabbia.
La periferia si caratterizza non solo per la sua posizione rispetto al centro, ma anche per un inferiore valore delle cose e delle persone rispetto a quest’ultimo, basti pensare al valore di un immobile che risulta di gran lunga inferiore in periferia o alla stessa vita delle persone. Quando muore qualcuno ammazzato al centro fa più notizia di quando ne muore uno in periferia, è come se in qualche modo fosse scontato o “normale” essere ammazzati in periferia.
Nella città delle emergenze Scampia esiste solo quando ci sono i morti ammazzati, e a farla esistere è l’occhio superficiale, distorto e spesso criminale dei media, che speculano e abusano dei soliti luoghi comuni e simboli di degrado; mentre delle innumerevoli associazioni, gruppi e centri culturali – il Gridas, il Centro Hurtado, Chi Rom e… chi no, (R)esistenza, l’Arci Scampia e tante altre – che ogni giorno lavorano sul territorio per migliorare le condizioni del quartiere, lontani dai riflettori, restituendo nuovo valore ad una periferia abbandonata a se stessa, spesso si ignora persino l’esistenza. Lo sport così come l’arte può essere uno strumento per veicolare la rabbia in modo positivo e costruttivo, una incredibile valvola di sfogo per chi vive l’emarginazione della periferia; e in questo la storia dell’Arci Scampia non è altro che la storia di una reale possibilità data a chi spesso non ne ha. Nata nel 1986, in piena epoca Maradona, quando in città c’erano pochissime scuole di calcio, grazie a una scommessa che Antonio Piccolo, ex segretario della sezione del PCI “G. Li Causi” e famoso portiere dell’Arzanese, ha fatto con l’amico e compagno di viaggio Carlo Sagliocco. Giunto a Scampia, nell’agosto del 1979, Antonio Piccolo, davanti al degrado preferisce rimboccarsi le maniche anziché restare a guardare. Mister Piccolo mette a disposizione le sue competenze sportive con l’obiettivo di abbinare allo sport una crescita sana dei ragazzi del quartiere, convinto che attraverso il rispetto delle regole di un gioco, tanto amato dai ragazzi, si possa educare e far crescere. Quel piccolo sogno, grazie alla passione e al sudore di chi ancora crede in quello che fa, presto è divenuto realtà e la squadra di uno dei quartieri più tristemente conosciuti d’Italia è riuscita a vincere tutto: tornei nazionali e internazionali e spesso la coppa disciplina. Vincitori italiani della “Fox Kids Cup”, dieci piccoli campioni, nel 1998 sono arrivati addirittura a rappresentare l’Italia alle finali mondiali tenutesi a Rotterdam. Fondamentale è stato anche il contributo che quest’anno ha dato la fondazione Cannavaro – Ferrara, che grazie al progetto “Campioni per la vita” – progetto rivolto ai ragazzi di Scampia che mira a recuperare i giovani dalla strada attraverso lo sport – è riuscita a fare avere alla squadra, in comodato d’uso, dal comune di Napoli una nuova e splendida struttura sportiva in via F.lli Cervi. L’Arci Scampia è un’associazione che da oltre 20 anni si occupa del disagio sociale autofinanziandosi e che oggi conta più di 350 ragazzi di cui una buona percentuale non paga per la mancanza di possibilità economiche. Oltre a collaborare con tutte le associazioni del territorio, fa attività di doposcuola per il recupero della dispersione scolastica e oggi risulta essere un vero e proprio punto di riferimento ed incontro per il quartiere, come mi spiega uno dei Mister che con orgoglio mi dice: “… Scampia è diventata anche una meta per il calcio ed è bellissimo sentire dalle persone che arrivano da ogni parte della città che infondo Scampia non è poi così male”.